Missione Lv10: La Dea Bendata.

Come aveva immaginato sin dall'inizio, quel labirinto era troppo vasto per essere esplorato. Anche scegliendo a caso, tutto ciò che aveva ottenuto era di trovarsi di fronte all'ennesimo bivio. Di nuovo, le alternative erano identiche: non c'erano dettagli che colpissero la vista, che potessero indicare la direzione giusta, o almeno distinguere una strada dall'altra.

Non poteva sfondare le pareti o il soffitto, non poteva affidarsi alla percezione della Reiatsu, non poteva permettersi di esplorare tutte le possibili strade di quel labirinto e non c'erano dettagli che potesse sfruttare per avere indizi. Niente che colpisse la vista, almeno. Eppure era sicuro che una soluzione ci fosse: doveva esserci. Nessuno costruisce un palazzo del genere per far sparire qualcosa: si fa molto prima a seppellire l'oggetto in questione in una desolata pianura senza nome, se si vuole la garanzia che questo non venga mai trovato.

Quel labirinto era un enigma, ma la chiave per risolverlo continuava a sfuggirgli. Tra i vari pensieri circa le possibili soluzioni, gli venne in mente un gioco per bambini che facevano gli umani, nel quale uno nascondeva un particolare oggetto da qualche parte e gli altri dovevano cercarlo, con il bambino in questione che era costretto a dare indizi onesti su quanto gli altri si stessero avvicinando al "tesoro". Ironia della sorte, "fuoco" era parola usata per indicare la direzione giusta.

Poteva sembrare una stupidaggine, ma forse poteva anche avere senso: se si supponeva che quelle fiamme avessero origine proprio dal tesoro che cercava, non era poi così azzardato supporre che nella direzione giusta ce ne fossero di più, o che facesse più caldo. Lo seccava l'idea di doversi inoltrare in zone dove faceva addirittura più caldo, come se quello già non fosse insopportabile, ma se aveva ragione e quella poteva essere una soluzione, allora raggiungere l'oggetto sarebbe stata questione di pochi secondi e poteva farcela.

Di nuovo provò a concentrarsi, affidandosi sia alla vista che al tatto: scrutò entrambi i corridoi a sinistra e a destra, ma anche quello alle proprie spalle, da cui era venuto. Cercò prima con gli occhi, per vedere se una direzione sembrava più infuocata delle altre, poi con il tatto, cercando di capire, in mezzo a quell'inferno, dove facesse più caldo. Quindi, se ci fosse riuscito, sarebbe subito scattato a gran velocità nella direzione indicatagli dai sensi, seguendoli di volta in volta ad ogni bivio mentre con la mente tracciava una mappa mentale del luogo.

Per contro, se anche quel tentativo fosse fallito, sarebbe tornato indietro fino al bivio iniziale.