Vincent

In viaggio con i suoi genitori da un continente all'altro: dal Giappone all'America, dall'Italia al Brasile, Shirou non si faceva domande sul perchè la sua famiglia rimanesse così poco in un luogo. I continui spostamenti lo segnarono come un ragazzo introverso e poco capace di esprimersi nei confronti degli altri bambini a causa delle barriere linguistiche.
All'età di sei anni, i suoi si trasferirono definitivamente a Karakura tornando in giappone. Senza delle amicizie stabili, Shirou crebbe immerso nell'unico mondo che gli permettesse di avere degli amici: il mondo delle fiabe, le cui preferite erano le fiabe eroiche occidentali, dove un drago teneva prigioniera una principessa in un castello sulle montagne nebbiose. Il protagonista, l'eroe avrebbe dovuto salvare la principessa di cui era innamorato e reclamare per sé il regno e la gloria. Eppure dentro di sé avrebbe voluto qualcuno con cui condividere la sua passione, ma a causa della sua chiusura non riusciva a farsi amici. Passò la maggior parte del suo tempo su quelle storie, incantato dalla possibilità di immaginare un mondo in cui lui sarebbe stato l'eroe attorno a cui tutto sarebbe gravitato. Eppure ogni volta che leggeva quelle storie si domandava perchè il drago fosse sempre il cattivo, perchè rapisse sempre la principessa, perchè compisse tutte quelle atrocità nei confronti del principe anziché essergli amico.
Ad otto anni, durante una terribile tempesta l'auto in cui si trovavano lui e i suoi genitori perse l'aderenza e, scivolando su una strada di montagna, finì per cadere giù da un pendio. Schiacciato dalle lamiere assieme ai suoi genitori, non riuscì nemmeno a finire la sua ultima storia.
Il tempo in forma di anima passava, ma lui non riuscì mai a trovare quelle dei suoi genitori.
Nessuno venne a purificare quel bambino che rimase sperduto nei boschi sin troppo a lungo, legato alla sua catena. Dove era l'eroe che avrebbe dovuto salvarlo? Era lui il corrispettivo della principessa in pericolo, no? Nelle sue storie c'era sempre un eroe, no?
Continuò a ripetersi queste domande all'infinito, sino allo stremo. Allora, rannicchiato, perse anche l'ultimo briciolo di speranza in solitudine. Non voleva essere solo, voleva qualcuno al suo fianco.
La risposta alla sua bizzarra domanda gli giunse in quel momento, infantile ma per lui corretta: il drago rapiva sempre la principessa perché, come lui, non riusciva a farsi amici, perchè era malvisto e rifiutato e quello era l'unico modo che aveva per avere qualcuno con sé. Con l'ultimo anello della catena arrugginito e infranto, il grido di Shirou si perse nella notte.
Quando si svegliò non aveva mani per stringere i suoi libri, ma artigli con cui dilaniare ciò che gli si presentava attorno. Non aveva nessuna memoria, solo l'ossessione di trovare qualcosa o qualcuno da tenere per sé e una fame da saziare.